Pronti al cambiamento
di Maurizio Carettoni
Ho sempre pensato che, quando qualcosa non funziona, ciò potrebbe rappresentare un’indicazione del fatto che è giunto il momento di… fare qualcos’altro!”. Decontestualizzato, questo passaggio all’interno del saggio di Richard Bandler, “Usare il cervello per cambiare”, è di una banalità quasi disarmante. Ma proprio per questo è doppiamente vivida la verità che vi si nasconde e che forse tutti noi fatichiamo a riconoscere nel nostro quotidiano.
Tutto quello che accade e, ancor più, ciò che è accaduto in tempi recenti ci porta ad ammettere la complessità ma anche la necessità di apprendere l’arte del cambiamento, l’unica che consente di adattarci ai nuovi scenari e di interpretare al meglio i nuovi stimoli.
L’efficacia e l’importanza di questa strategia (in fondo, molto naturale) sono state confermate, lo scorso mese di luglio, anche dalla nostra Nazionale che ha giocato e vinto la finale degli Europei di calcio allo Stadio di Wembley di Londra. E ce le hanno insegnate, una volta di più, tutti gli Azzurri, capitanati dalla leggenda del nuoto Federica Pellegrini, alle prese con le Olimpiadi più complesse della storia, quelle di Tokyo 2020. Scrivere pagine di storia dello sport (cui non a caso abbiamo voluto dedicare un approfondimento speciale) significa contribuire a scrivere nuove pagine della storia di un Paese che sa di dover affrontare nuove sfide. Il che significa che è pronto al cambiamento.
Uno sprone importante a questo passo arriva proprio dall’eroicità di alcune nostre imprese. Abbiamo incontrato i loro volti: affaticati sì, ma con una sana e decisa visione del futuro. Imprenditori, artigiani, professionisti che sanno esattamente dove vogliono arrivare e con chi, certi che nulla potrà fermare la loro “impresa”.
Così abbiamo agito anche noi: forti del bagaglio delle nostre competenze, per rafforzare e ripagare il nostro bisogno di essere migliori abbiamo scelto di raccontare le loro storie attraverso una nuova immagine: pulita, ariosa, diretta. A rendere questo numero di “Stil’è”, perché no, il simbolo più elegante di quello che è il nostro cambiamento.
Maurizio Carettoni project director